mercoledì 16 dicembre 2015

POVERTA' E RICCHEZZA NELLA CHIESA

POVERTA' E RICCHEZZA NELLA CHIESA Leone Montagnini 7 novembre 2015 Dal post qui sotto pubblicato su papa Bergoglio è nata una mia riflessione stimolata da alcune sensibili annotazioni di Katia Bovani riguardante il rapporto tra povertà e ricchezza nella storia delle chiese cristiane. Cara Katia permettimi di dispondere al tuo giusto intristimento. L'idea che la Chiesa debba essere povera è ovvia per te, e fai bene a pensarlo, ma non per tutti. Lo pensi forse perché hai letto il Vangelo (Gesù dice Beato i poveri perché di essi è il Regno dei Cieli; e poco dopo aggiunge Guai a voi ricchi, vai a cercare questi passi con google, ci sono delle buone Bibbie on line). Anche il Concilio Vaticano II ha dichiarato che la Chiesa ha fatto una scelta preferenziale per i poveri. Il papa Francesco ed il nome è tutto un programma, apparteneva a quei padri conciliari che hanno sostenuto questa scelta per una chiesa povera che avesse i poveri al centro. Tuttavia nella storia la Chiesa di Roma, ma a dire il vero anche delle altre Chiese Cristiane c'è stata una grande disputa su questo tema, che andrebbe approfondito bene. Nei primi secoli, molti cristiani erano poveri, ma diventavano cristiani anche dei patrizi con una tendenza alla comunione dei beni, all'aiuto reciproco, che si legge già all'inizio degli Atti degli Apostoli. Le cose cambiano con la svolta costantiniana. Quando l'Impero per sostenersi punta sui cristiani e soprattutto sulla struttura in cui i responsabili delle chiese locali (oi episcopoi) assumono un ruolo politico. Le cose cominciano a cambiare. La cosa dico tra parentesi creò seri problemi ai cristiani che erano fuori dell'impero, che venivano malvisti sia dai romani che dai loro re (in Persia, Etiopia ecc.). Poi si creò una spaccatura profonda tra pars orientalis e pars occidentalis dell'impero. Quello che poi sarà chiamato impero bizantino bloccò l'entrata dei germani nei suoi confini, che si riversarono in Occidente. L'imperatore con sede a Bisanzio che dal 476 d.C. riceve con le insegne dell'impero d'Occidente da Teodoacre, diviene l'imperatore unico di tutto l'impero e capo religioso di esso (pontifex maximus, capo religioso di Roma è una magistratura antichissima che Augusto volle per sé. Ma un conto è quello che accade de iure e ciò che accade de facto. L'Occidente, in primo luogo l'Italia vide delle guerre sanguinose, tra goti e imperatore di bisanzio (Giustiniano) che non riuscì a riportare una pax romana condivisa da tutti. In questa situazione i vescovi di Roma, come Gregorio Magno o Leone Magno, dovettero fare come fece Pio XII quando Vittorio Emanuele III fuggi da Roma con tutta la sua corte lasciando Roma allo sbando, sotto i bombardamenti e con i tedeschi alle porte. L'unica struttura organizzata erano le chiese locali coi loro vescovi, che si diededero riempirono di necessità un potere politico lasciato vuoto. Molti fuggivano nel deserto come Sant'Antonio in Egitto e tanti altri che scelsero la vita eremitica per dedicarsi solo a Dio nella povertà che Gesù aveva insegnato. Di eremiti era pieno anche l'Occidente. In seguito, storia molto oscura, emerse l'idea che il vescovo di Roma era addirittura il pontifex maximus della parte occidentale. Ho sempre avuto il sospetto che la Donatio Costantinii dimostrata da Lorenzo Valla come un falso risalente pressappoco all'VIII-IX secolo, affermava proprio questo: fondando Bisanzio Costantino lascio al papa la potestas imperiale. In particolare il papa si tenne per sé il titolo di pontifex maximus. E non a caso nell'800 incorona Carlo Magno come imperatore dell'Impero romano, cosa che non fu mai riconosciuta dall'imperatore residente a Bisanzio e leggittimo erede dello scettro di tutto l'Impero. La commistione col potere portò ricchezze nelle Chiese. E sorsero presto santi uomini schifati di questo che erano convinti che occorreva lasciare tutto per seguire il Vangelo. Il deserto egiziano si popolò di eremiti, tra cui Sant'Antonio (non da Padova ma quello definito Abate). Ho conosciuto nel 1978 un eremita del monte Athos. Ero con degli amici. Viveva in una casupola poverissima. Appena ci vide, ci eravamo persi, uscì verso di noi con quello che aveva 4 fichi e dell'acqua. Ho parlato recentemente con un amico che era con me e che non vedevo da tantissimi anni. Quel gesto era rimasto conficcato nella memoria e nel cuore di entrambi. Anche l'Italia si popolò di eremiti che sceglievano per la povertà. San Benedetto da Norcia, fuggi inorridito dalle ricchezze della chiesa diocesana di Roma e fece una scelta radicale di poverta. In Oriente alla fine i monaci furono il pilastro portante di tutta la strutura ecclesiale. Patriarchi e vescovi orientali col barbone sono vestiti da monaci se ci fai caso. Con l'andare del tempo i monasteri si arricchirono. Una risposta a questo la troviamo nei movimenti "pauperistici" che rivendicano la povertà integrale ed un ritorno al vangelo delle origini. E' il caso di Pietro Valdo (1140 – 1206 circa) che fu espulso dalla Chiesa di Roma come eretico e fondò la Chiesa valdese. Il grande carisma di Francesco d'Assisi (1181/82 – 1226) consentì ai poverelli di Assisi di essere riconosciuti dalla Chiesa del Duecento. Guarda se non l'hai visto il film su San Francesco di Liliana Cavani del 1966, eseguito con una grammatica cinematografica neorealistica simile a quella del Vangelo secondo Matteo di Pasolini (non mi riferisco al suo successivo film del 1986, che fa di Francesco una specie di hippie ante litteram, che si rimangiò a mio parere la maggior parte delle cose che aveva detto nel suo primo film). Ecco lì c'è una scena in cui Francesco demolisce un inizio di convento buttando giù le tegole dal tetto. Francesco non vuole nemmeno che si posseggano libri, i quali all'epoca erano oggetti estremamente costosi. Se ti riesce vedi anche il film di Franco Zeffirelli "Fratello sole, sorella luna", del 1972. C'è la cura estetica di Zeffirelli è vero, che non è mai piaciuta alla sinistra snob. Ma è direi per certi versi addirittura operaistico. E' poco noto che quello che sappiamo di Francesco d'Assisi oggi è frutto delle ricerche di storici e teologi protestanti e di tendenze moderniste di fine 800 inizio 900 (In primo luogo Paul Sabatier e Johannes Jørgensen). La figura di francesco era stata profondamente contraffatta nel corso di più di 600 anni. La scelta radicale di Francesco per la povertà era condivisa dai francescani spirituali, un movimento variegato di frati francescani che difendevano una scelta radicale per la povertà. Furono osteggiati dai conventuali e dai papi, a parte Celestino V, ed lentamente scomparvero dalla storia. Fu un papa sul quale molti anni prima era pesata l'accusa di modernismo a rimettere in auge la povertà. Papa Giovanni XXIII, che l'11 settembre 1962, dichiarò che «la Chiesa si presenta quale è e vuole essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri». A tre settimane dalla chiusra del concilio 42 vescovi, tra cui Helder Câmara (vescovo brasiliano che fu spogliato e verniciato di rosso), Leonidas Proaño, José Maria Pires, Luigi Bettazzi e molti vescovi missionari nelle catacombe di Domitilla strinsero il cosiddetto "Patto delle Catacombe", in cui si impegnavano a «vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende». In particolare si rinunciava «agli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti)», alla proprietà «di beni immobili, né mobili, né conto in banca». In seguito in America Latina, un continente con punte acutissime di povertà, sorse una conferenza episcopale che comprendeva tutta l'America latina che ebbe come bussola della propria vita pastorale l' "opzione preferenziale per i poveri" (Medellin 1968; Puebla 1979). Papa Francesco che viene ordinato prete nel 1969. Non poté dunque partecipare al Concilio. Né al patto delle catacombe. Fu però presente a Puebla dove si oppose alla teologia della liberazione che da quegli incontri scaturì che diede a molti l'impressione di un'eccessiva apertura al marxismo. In parte era un'accusa falsa, in parte no. Si tratta di un tema delicato che però non giustifica a mio parere l'opera di distruzione sistematica dei frutti di quella teologia da parte del pontificato di Giovanni Paolo II. Anche mons. Óscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, ebbe un'accoglienza molto fredda quando venne a Roma per chiarire cosa stava succedendo nel suo paese. Quelli che in realtà a mio parere erano maggiormente infastiditi dalla Teologia della Liberazione, erano gli Stati Uniti d'America, che hanno sempre visto nell'America Latina il loro cortile di casa. Papa Francesco coi suoi gesti, gli scarponi, la borsa che si porta da solo e tante altre cose, ha fatto venire in mente a molti forti coincidenze con il "patto delle catacombe". Gli uomini di chiesa cambiano. Mons. Romero era considerato un conservatore. Eppure firmò, in seguito il "patto delle catacombe" e divenne il megafono della sofferenza del suo popolo salvadoregno. La sua causa di beatificazione è rimasta ferma per anni ed è stata sbloccata da papa Benedetto XVI il 20 dicembre 2012. Papa Francesco, con proprio decreto del 3 febbraio 2015, ha riconosciuto il martirio in odium fidei di Romero e lo ha beatificato il 23 maggio 2015. [cfr. voce Óscar Romero su Wikipedia in Italiano]. Più recentemente papa Francesco ha anche riabilitato "Le esperienze pastorali" del prete povero e profetico Don Lorenzo Milani. Domenica 14 novembre 2015 papa Francesco incontrerà il teologo mons, Sobrino il massimo esperto dell Patto delle Catacombe, in occasione del 50 anni da tale patto. Vedi qui un'agenzia su Sono tutti segni di speranza. Con Papa Francesco rivive 50 anni dopo il “Patto delle catacombe”

Nessun commento:

Posta un commento